omicidio di Melania rea

Permesso premio per Parolisi: "Vorrei tornare a lavorare per rifarmi una vita"

Sono dodici anni che Parolisi sta scontando la sua pena e in questi giorni gli è stato concesso un permesso premio

Permesso premio per Parolisi: "Vorrei tornare a lavorare per rifarmi una vita"
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Permesso premio per Salvatore Parolisi, condannato a vent’anni di reclusione per l’omicidio di sua moglie Melania Rea. Attualmente l’uomo sta scontando la sua pena nel Carcere di Bollate.

Condannato in via definitiva

E’ stato raggiunto dalle telecamere di «Chi l’ha visto?» Salvatore Parolisi, Caporal Maggiore Capo dell’Esercito Italiano, condannato per l’omicidio di sua moglie Carmela Rea, detta «Melania», avvenuto nell’aprile del 2011 ad Ascoli Piceno. Sono dodici anni che Parolisi sta scontando la sua pena e in questi giorni gli è stato concesso un permesso premio.

«Sono innocente»

«L'ho sempre detto anche al giudice, da uomo, da militare e da padre: datemi l'ergastolo e buttate la chiave se sono stato io, se ho fatto una cosa del genere e me lo provate. Perché a me non l'hanno mai provato», ha affermato Parolisi durante l’intervista. L’uomo ha ammesso alle telecamere di avere avuto alcuni problemi con la moglie nell’ultimo periodo, da quando aveva sentori che il marito la stesse tradendo. Malgrado questo, ha detto:

«Melania era bellissima, Ludovica (la donna con la quale aveva una relazione ndr) è stata solo una scappatella. A quest’ultima dicevo bugie, ma si era infatuata di me. Non era la prima che la tradivo, ero sempre fuori casa ma amavo Melania. Sono stato un verme ma l’amavo. Le davo dei soldi ogni mese, 500 euro dal mio stipendio, perchè non volevo che lavorasse».

Lavora nel call center del carcere

Salvatore Parolisi si tiene impegnato all’interno della Casa circondariale di Bollate lavorando come operatore del call center. Il suo stipendio è di 800 euro al mese:

«Come posso rifarmi una vita così? Dall’anno prossimo, se trovassi lavoro, potrei pure uscire per lavorare - ha continuato l’uomo - Ma chi mi prende a lavorare quando sente il mio cognome?».

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