Welfare di Comunità: diario di viaggio. Una giornata da raccontare

Un viaggio insieme a chi ogni giorno scommette sulle comunità di chi abita e vive i territori.

Welfare di Comunità: diario di viaggio. Una giornata da raccontare
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Il 28 marzo a Milano, al Palazzo delle Stelline, a cinque anni dall’inizio del viaggio Welfare di Comunità, Fondazione Cariplo ha organizzato una giornata di riflessione e approfondimento su quanto è stato sviluppato in questi anni. Una giornata per viaggiare nel futuro del welfare di comunità, a partire dalle esperienze dei 37 progetti ad oggi sostenuti nell’ambito del programma “Welfare in azione”.

Welfare di Comunità, un viaggio emozionante

Un viaggio emozionante cominciato con il presidente di Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti che ha ricordato come Welfare in azione sia partito con molti punti interrogativi ma una sola certezza: rivoluzionare il modello di welfare scommettendo sulle comunità di chi abita e vive i territori.

“La comunità non è un concetto astratto, ma molto concreto.” ha detto. “Bisogna offrire alle persone occasioni di partecipazione, partendo dalle loro competenze e risorse per metterle a disposizione di chi ha bisogno.” E i numeri delle persone, non solo raggiunte dalle azioni dei progetti (286.373), ma coinvolte in prima persona in attività di progettazione e/o realizzazione in queste anni, 9.283,parlano chiaro. Guzzetti ha invitato le istituzioni a non cavalcare le paure e la diffidenza ma a dare spazio alla solidarietà.

Infine ha ringraziato Antonio, un volontario di 85 anni presente in sala che in questi anni si è attivato per Mario, 104 anni – “È mio coetaneo! ha constatato il Presidente ”Magari quando avrò più tempo farò anch’io un po’ di volontariato.”

Dove siamo arrivati e dove vogliamo andare l’ha raccontato invece Beatrice Fassati, coordinatrice del programma, che ha individuato tre parole chiave di questo viaggio: sperimentare, apprendere, disseminare. E dell’importanza di abbracciare l’inatteso.

Percorsi vicini alle persone, spontanei e inattesi proprio come un bacio inatteso, in un Alzheimer Cafè.

Il viaggio poi è proseguito all’interno dei luoghi del welfare di comunità.

Stefano Laffi, di Codici Ricerca Intervento, ha presentato la ricerca “Prendiamoci un caffè”, un quaderno dedicato ai luoghi del welfare sviluppati dal progetto Welfare in Azione. “Pensavamo di trovare servizi e abbiamo trovato persone.” I luoghi del welfare di comunità, infatti, sono luoghi dove si progettano relazioni, non attività. Sono luoghi belli perché la bellezza è un diritto, e sono luoghi che si trasformano per adeguarsi alle persone che lì dentro portano desideri e bisogni diversi. “Anche le persone sono in viaggio. I luoghi del welfare sono stazioni, luoghi abilitanti, che permettono ai più fragili di aumentare le loro chance di vita.”

Dialoghi dal futuro

Dialoghi dal futuro è stato un viaggio nel tempo moderato da Massimo Conte di Codici, per provare a immaginare come saranno i luoghi del welfare fra 10 anni. Paola Manfredi, direttrice di Teatro Periferico, che ha individuato nel teatro uno strumento utile per raccontare la realtà, ha detto “Dobbiamo sforzarci sempre di più di incontrare un pubblico autenticamente ordinario”. Maria Chiara Tosi, docente di urbanistica all’Università IUAV di Venezia, ha parlato dei luoghi del welfare come spazi concavi, accoglienti. “Il futuro non è equamente vicino. Dobbiamo contrastare la povertà economica, educativa, relazionale e di capacità di partecipazione.” Il suo augurio è che nel 2029 i luoghi del welfare saranno più accessibiliGuido Ciceri, direttore dell’azienda speciale Sercop di Rho, ha riflettuto sulla necessità di spostare i luoghi del welfare dove sono le persone, anche se a volte non sono posti belli, come i centri commerciali. Ma anche sulla necessità di coinvolgere i cittadini nei processi decisionali e non solo organizzativi. Il Welfare collaborativo infatti si scontra spesso con norme e burocrazie fondate sul sospetto che paralizzano le idee e rappresentano un freno all’innovazione. “Così l’innovazione rischia di rimanere il terreno di pochi coraggiosi.”

A raccontare i luoghi del welfare, al piano terra del Palazzo delle Stelline, una mostra fotografica, con le immagini di Luca Meola, che ha permesso di entrare in questi luoghi tanto preziosi quanto invisibili.

A presentarela ricerca“Welfare in piattaforma. Apprendimenti dai progetti di welfare in azioneè stata Ivana Pais, docente all’Università Cattolica di Milano. Le piattaforme digitali sono ovunque e stanno facendo la loro comparsa anche nel welfare. Ma non funzionano come le altre. Il welfare infatti ha caratteristiche peculiari e la sua digitalizzazione tende verso un modello ibrido, definito “Quasi piattaforma”, ricostruito a partire dall’analisi di 5 progetti finanziati sul bando welfare in azione. Le quasi-piattaforme sono parte di organizzazioni e di reti ampie, che travalicano i confini organizzativi chiusi delle piattaforme ma anche la governance di tipo verticale dei sistemi di welfare locale.

La mattina è proseguita con il panel sulle Prospettive e i confini delle piattaforme del welfare, tra trasformazione digitale e cambiamento organizzativo, moderato da Flaviano Zandonai del Gruppo CGM. Per Giovanni Fosti, SDA Bocconi School of Management, le piattaforme sono dei veri e propri luoghi del welfare, ma non possono essere gli unici. Secondo Fosti ci vorrà qualche anno prima di scoprire se le piattaforme del welfare servono o no. Se saranno in grado di trovare risorse e generare valore, allora sì. Filippo Barbera, dell’Università degli Studi di Torino, ha affrontato il tema della scalabilità dei progetti. “Come la democrazia non ha bisogno di eroi, così l’innovazione non ha bisogno di eroi. Ha bisogno di popolazione.“ Cosimo Palazzo, Dirigente del Comune di Milano, parla dell’esperienza degli Spazi WeMi a Milano. “Abbiamo ridescritto una città partendo da un dato: il 75% delle famiglie milanesi è composta da due persone. Quindi il tema dell’isolamento era un tema da affrontare.” Ma il valore di WeMi è affrontare ogni giorno nuovi bisogni. Sulla piattaforma WeMi 2.0 si dialogherà direttamente con l’operatore, anche i gruppi potranno acquistare dei servizi e sarà attivato un sistema di feedback.

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Katarina Wahlberg, del team Welfare in Azione, ha chiuso la mattinata con la presentazione dei workshop pomeridiani “Abbiamo scommesso su setting di gruppo e interattivi. La scelta degli ‘oggetti’ è stata ardua, abbiamo usato un criterio di concretezza, varietà e maturità delle sperimentazioni”. Questa prima batteria di laboratori è stata co-costruita insieme, gomito a gomito, Fondazione, i servizi di accompagnamento e soprattutto i 6 progetti che si sono messi in gioco. Un gioco di andata e ritorno, luci e ombre, di smontaggio e ricomposizione di sguardi. Questo approccio ha connotato anche il pomeriggio. Tavoli di lavoro, improvvisazioni teatrali, giochi di gruppo, show cooking, laboratori creativi hanno dato la possibilità di entrare dentro il funzionamento di queste pratiche per provare a immaginare connessioni possibili con i propri contesti di riferimento.

Gli spazi WeMi del Progetto Welfare di tutti hanno aiutato a ragionare su come uscire dalla logica dei servizi e target codificati, sul ruolo dell’operatore, sulla qualità degli spazi. Gli spazi WeMi infatti non erogano prioritariamente servizi ma creano l’ambiente in cui avvengono l’ascolto e la possibilità di relazione, che porta valore per la comunità. Il wokshop è cominciato in giardino con un esperimento sociale durante il quale sono state poste delle domande ai partecipanti ed è stato chiesto loro di fare un passo avanti in caso di risposta affermativa.

“Chi di voi in questo momento della vita si sta prendendo cura di qualcuno?”, “Chi di voi si è sentito dire almeno una volta nella vita non sei tu il problema ma sono io?”, o ancora “Chi di voi almeno una volta nella vita si è sentito in difficoltà e non ha saputo a chi chiedere aiuto?”. Un gruppo di operatori di servizi così si è trasformato in un gruppo di potenziali beneficiari per provare nella seconda parte del workshop a immaginare insieme un nuovo servizio. Il workshop sul Bando di attivazione comunitaria del Progetto #VAI attraverso delle diverse modalità di gaming, ha fatto immergere i partecipanti nelle varie fasi del bando facendoli sentire nei panni dell’operatore, che, attraverso un lavoro di équipe, mette in gioco strumenti e nuove competenze per riuscire ad attivare il protagonismo di gruppi di cittadini, valorizzandoli e accompagnandoli dall’idea alla realizzazione. Patti Gener-attivi per l’inclusione sociale del Progetto FareLegami hafatto toccare con mano alcuni strumenti e apprendimenti, facendo vivere, attraverso tecniche di drammatizzazione e l’utilizzo delle Carte Dixit, l’esperienza di alcune tappe del patto gener-attivo. Un patto che investe sulle capacità delle persone, l’assunzione di precise responsabilità individuali e collettive, l’attivazione di relazioni e la reciprocità verso la comunità. Il Servizio territoriale di educazione finanziaria del Progetto #Oltreiperimetri ha dato la possibilità di mettersi nei panni di un educatore finanziario, esplorare il punto di vista dell’utente, sperimentare le proprie paure quando affrontiamo uno degli ultimi tabù dei nostri tempi: la relazione con il denaro. La comunità che partecipa: volontari e donatori del Progetto La cura è di casa ha usato la metafora della ricetta per trasferire idee, strumenti e strategie utilizzate per coinvolgere la propria comunità come parte attiva in iniziative rivolte al sostegno domiciliare di anziani. Con lo show cooking di Max Celeste, unochef stellato di Verbania, che in diretta ha preparato la frolla dei “biscotti di Emma”, uno dei cavalli di battaglia della raccolta fondi del progetto, chiamando di volta in volta i partecipanti a “mettere le mani in pasta”. Fundraising di comunità diffuso del Progetto +++ Segni Positivi ha illustrato pratiche sperimentate per attivare i capitali relazionali, dosare metodi e improvvisazione, vincoli e creatività per raccogliere denaro, beni e servizi ma soprattutto per innescare dinamiche partecipative e identitarie.

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Tutti i workshop hanno avuto una chiusura comune, chiedendo ai partecipanti di scrivere alcune frasi e parole chiavi rispetto alle suggestioni ricevute dall’esperienza e alle possibili connessioni con i propri territori. La domanda per tutti è stata: “Cosa fare da lunedì? Cosa posso realizzare sul mio territorio e nel mio ambito di lavoro, a partire dalle ispirazioni a cui sono stato esposto?”. Sull’analisi di queste risposte e sulle esperienze dei diversi workshop verrà poi prodotto un report che sarà messo a disposizione dei partecipanti e di chi non ha potuto prendere parte ai laboratori.

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Una giornata intensa che si è conclusa con un aperitivo e un momento musicale organizzato da Tikitaka- Equiliberi di essere, un progetto della terza edizione rivolto alla disabilità. I ragazzi, che hanno seguito un corso di barman, hanno preparato dei cocktail mentre i ragazzi dello Spazio Musica Scuola suonavano Ligabue, Rino Gaetano e la hit del momento “Testa dura”, scritta da Livio, uno dei ragazzi con disabilità

Ma soprattutto una giornata aperta che ha rispettato solo una regola, quella del viaggio: non tornare come sei partito.

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