Protocollo Cazzaniga: più tempo per far luce sulla morte di Domenico Brasca

La salma era stata esumata nel maggio scorso.

Protocollo Cazzaniga: più tempo per far luce sulla morte di Domenico Brasca
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Per far luce sulla morte di Domenico Brasca, di Rovello Porro, deceduto a 81 anni dopo essersi recato al Pronto soccorso cittadino, i periti hanno chiesto più tempo al giudice per le indagini preliminari. La salma era stata esumata nel maggio scorso.

Protocollo Cazzaniga: più tempo per far luce sulla morte di Domenico Brasca

Protocollo Cazzaniga: un mese in più per capire se a uccidere Domenico Brasca, il pensionato di Rovello Porro siano  stati i farmaci somministrati dall’ex vice primario del Pronto Soccorso Leonardo Cazzaniga. E’ dei giorni scorsi infatti la richiesta per avere una proroga, facendo così slittare la data dell’11 settembre fissata  per depositare gli esiti delle analisi effettuate sui resti dell’ottantunenne slitta.

I professionisti per analizzare i tessuti dell’anziano

I professionisti nominati dal giudice, che hanno avuto l’incarico per analizzare i tessuti dell’anziano e fare quindi chiarezza sulle cause del decesso,  sono il direttore del Laboratorio di antropologia forense Cristina Cattaneo, Gaetano Iapichino ordinario di anestesia e rianimazione della Statale di Milano, il medico legale del Labanof Vera Gloria Meretti e il tossicologo forense dell’Università di Pavia Angelo Groppi. La difesa del dottor Cazzaniga ha invece nominato Furio Zucco, ex primario di anestesia dell’ospedale di Garbagnate, e Antonella Piga dell’istituto di medicina legale di Milano.

La denuncia nei confronti del medico è stata fatta dalle figlie

Sono state le figlie del pensionato,  assistite dall’avvocato Fabio Falcetta, a sporgere denuncia nei confronti del medico, a processo davanti alla Corte d’Assise  per quattordici omicidi (undici tra le corsie dell’ospedale e tre in ambito famigliare). Nel corso delle indagini, portate a termine dai carabinieri della Compagnia di Saronno sotto il coordinamento della Procura di Busto Arsizio, il pubblico ministero Maria Cristina Ria,  aveva già vagliato la cartella clinica del paziente e non erano emersi elementi sospetti. Dopo la denuncia dei parenti sono stati chiesti ulteriori accertamenti.

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