Cambiare il Padre Nostro? A Gorla Maggiore no

Il parroco don Valentino Viganò ha diffuso in chiesa alcuni scritti sul dibattito in corso sulla preghiera più cara ai cattolici, dopo l'invito di Papa Francesco a cambiare la traduzione

Cambiare il Padre Nostro? A Gorla Maggiore no
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Cambiare il Padre Nostro? A Gorla Maggiore no

Padre Nostro, Papa Francesco

 

Il cambio di traduzione suggerito da Papa Francesco

Il Padre Nostro cambia? Quindi abbiamo sempre sbagliato le parole? Perché il Papa ha deciso di togliere quel "non indurci in tentazione"? Domande che in queste settimane si sentono spesso tra i fedeli, specialmente di coloro che portano con sé tanti anni di cristianesimo devoto e quotidiano. A Gorla Maggiore il parroco don Valentino Viganò ha voluto fare chiarezza, diffondendo insieme al foglio settimanale degli avvisi un approfondimento sul tema. Per dire che non è così vero che il Padre Nostro cambia. E che, anche qualora si mantenesse l'antica e tradizionale dicitura, non sarebbe poi sbagliato.

 

"Non indurci in tentazione"

Il punto è la tentazione. Papa Francesco, allarmando i tradizionalisti e spiazzando un po' tutti, ha infatti "bocciato" quel "non indurci in tentazione", in quanto il Dio cristiano non induce in tentazione l'uomo, semmai lo salva. Suggerendo quindi una più appropriata traduzione: "Non abbandonarci alla tentazione" oppure "Non lasciarci cadere nella tentazione". Ma il parroco gorlese - traendola da alcuni articoli sul tema raccolti in questi giorni - offre ai suoi parrocchiani una visione che restituisce invece senso e correttezza all'originaria traduzione che è ormai memoria orale consolidata della tradizione cattolica e non per errore. (Qui il link per scaricare il testo integrale: http://www.parrocchiadigorlamaggiore.it/download/scripta-manent/scarica-l-ultimo-numero)

 

"Dio permette la tentazione come esperienza costante"

"Sì, Dio permette la tentazione. Perché siamo chiamati a scegliere". E' questo il titolo di uno dei testi contenuti nel volantino diffuso domenica in chiesa da don Valentino. Che si affida al cardinale Martini per trovarne le motivazioni: "Il 'non abbandonarci nella tentazione' proposto dalla Conferenza episcopale italiana non è che uno dei tanti tentativi di risolvere un antico problema, ma, secondo Martini, la vera questione è un’altra. Il punto, spiegava il cardinale, è che Gesù nella preghiera pone il problema della tentazione in primissimo piano e con forza. Qualunque sia il verbo (indurci, abbandonarci o altro) dobbiamo concentrarci sul complemento. Gesù ci dice che la tentazione ci accompagna, fa parte della nostra esperienza quotidiana. Dunque, sia che diciamo 'non ci indurre in tentazione' o 'non permettere che cadiamo nella tentazione' o 'non abbandonarci nella tentazione', la questione vera è che Dio certamente permette la tentazione, e non in via straordinaria o marginale, ma come esperienza costante".

 

"La vita del cristiano è una battaglia continua"

Gli spunti proposti da don Valentino nel suo messaggio consegnato ai fedeli gorlesi offre poi anche altre considerazioni sul tema. Ma l'invito è chiaro: non fermarsi alla questione della traduzione e non pensare che fino a oggi il Padre Nostro sia stato pregato con un errore. "Secondo Martini proprio attraverso la tentazione, e il conseguente combattimento interiore, cresciamo nella fede. Se non fossimo esposti alla tentazione, se tutto andasse liscio e tranquillo, se fossimo come teleguidati verso il bene, la libertà non sarebbe messa alla prova. Non dobbiamo mai dimenticare, invece, che la vita del cristiano è una battaglia continua, perché continuamente si tratta di scegliere tra il bene e il male".

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