Giorgetti: “Percorso per l’Autonomia complicato, ma si può fare”

Intervista al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Giorgetti: “Percorso per l’Autonomia complicato, ma si può fare”
Pubblicato:
Aggiornato:

L’iter per ottenere l’Autonomia è complicato, ma si può fare. Ne è convinto l’onorevole Giancarlo Giorgetti, 52 anni, varesino, bocconiano, e ora Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con delega al Cipe, al programma di Governo e all’aereospazio.

Giorgetti: “L’Autonomia si può fare”

«E’ vero, si fa fatica. La proposta è in fase avanzata, ma le resistenze a livello centrale sono molto forti. Ci sono due ordini di problemi. Il primo riguarda il tipico atteggiamento, a mio avviso pregiudiziale, che emerge ogni volta che si fa riferimento al principio di responsabilità. Si pensa che il Sud ne uscirà danneggiato. E’ esattamente il contrario: se non si inietta una forte dose di responsabilità nel Mezzogiorno, il trend sarà sempre negativo. Il secondo riguarda la procedura. C’è chi sostiene che la formula da seguire sia quella dei trattati internazionali e chi invece la necessità di una discussione parlamentare».

Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio

Di alcune attività di Governo si è parlato molto, dal Reddito di cittadinanza a Quota 100, ma è passato poco di quello che l’Esecutivo ha fatto per gli Enti locali. Ce lo può spiegare meglio?

«Stiamo lavorando con Stefano Candiani, ex sindaco Lega a Tradate e attuale Sottosegretario all’Interno, che conosce bene queste dinamiche. Abbiamo sbloccato finanziamenti importanti per i piccoli Comuni. Negli anni abbiamo assistito a una politica del pendolo, con i Governi di sinistra che hanno avuto un sacco di attenzioni per i Comuni capoluogo e per quelli sotto i 3 mila abitanti. Meritano attenzione anche quelli della fascia di mezzo, per cui ciascuno otterrà quello di cui avrà diritto».

Si parla tanto di infrastrutture, però i cantieri faticano ad essere aperti. Ci sono opere che potrebbero partire a breve soprattutto sul territorio lombardo?

«Stiamo lavorano al Decreto sblocca cantieri; vogliamo un provvedimento impattante che faccia partire le opere, non solo quelle pubbliche. C’è bisogno di aria nuova anche nell’edilizia privata. Stiamo mettendo a punto politiche in favore dell’industria delle costruzioni. Sul territorio vanno sbloccate l’Alta Velocità Brescia-Verona, la Milano-Chiasso e il prolungamento della Metropolitana milanese. Ci sono poi una serie di opere stradali come Abbiategrasso, la Paullese e il ponte della Rivoltana».

Dopo Umbria e Sardegna, il centrodestra conquista anche la Basilicata. Il vincitore di queste elezioni è risultato essere la Lega. Il voto ha agitato la maggioranza. Ci sarà un chiarimento tra Lega e M5S?

«Facciamo chiarimenti tutti i giorni. Questo è un Governo particolare con due forze politiche che hanno visioni e culture diverse, nato sulla base di un contratto in cui ciascuna parte ne esige il rispetto. L’impegno iniziale era che su alcune materie non si sarebbe fatto nulla: non andremo quindi né indietro né avanti. Ma sui temi economici non si può più aspettare. Il mondo va velocissimo. Siamo così ingessati che un’altra crisi non la reggiamo più. O si danno risposte incisive e rapide oppure la faccenda si fa spessa».

Il prossimo 26 maggio si vota per molti Consigli comunali. Che ambizioni avete?

«Vogliamo vincere dappertutto. Al Nord conosciamo la classe dirigente, al Sud siamo più prudenti».

Sempre il 26 maggio si rinnova anche il Parlamento europeo e i sovranisti sono dati in grande crescita. Pensate di ribaltare gli equilibri attuali?

«E’ sempre quella di vincere. O l’Europa cambia o è destinata a soccombere nella competizione globale. L’hanno capito anche i più ortodossi, l’Unione deve prendere decisioni rapide come fanno Putin, Trump e la Cina. L’allargamento a 27, il fatto che il voto del Lussemburgo vale come quello della Germania e la ricerca dell’unanimità non agevola. Decidiamo in fretta sui temi su cui siamo d’accordo».

Le previsioni del voto europeo confermano la Lega stabilmente sopra il 30% dei consensi e il M5S attorno al 20%. Salirà la tentazione di andare all’incasso, cioè di aprire una crisi di Governo o andare a nuove elezioni?

«Questa è la lettura di tutti i media, ma è una lettura della vecchia politica. Nella Prima e nella Seconda Repubblica si chiedevano rimpasti, crisi ed elezioni anticipate. Oggi non c’è più questo criterio di valutazione. I giochi di palazzo non funzionano. Stacchi la spina se la realtà supera la volontà».

Il Governo si è diviso anche sul recente accordo firmato con la Cina.

«Occorre distinguere due cose: un conto è il memorandum sulla Via della Seta, un altro sono tutti gli altri accordi commerciali, che vanno valorizzati per le esportazioni e le nostre imprese. Il memorandum è invece un progetto geopolitico che prevede lo sviluppo cinese nel mondo attraverso la via economica. L’Italia rimane ancorata ai valori degli Stati Uniti, poiché la Cina non è un modello di riferimento per diritti dei lavoratori, ambiente, valori politici. Poi c’è il tema della sicurezza dei dati, da tenere nelle nostre mani».

A inizio marzo è andato negli Usa per incontrare i collaboratori del presidente Trump. Che idea si sono fatti gli americani del nostro Governo?

«Ero dal genero di Trump. Ormai la sfida globale si fa tra Stati Uniti e Cina. Sulla tecnologia gli americani sono in difficoltà, ma rilanciano con prepotenza sullo spazio. Su questa frontiera si porterà lo scontro. Per loro l’Italia è una parte dell’Europa, vecchio continente fatto da persone che non sono in grado di risolvere le situazioni. L’Italia è fatta di gente simpatica e creativa, ma loro hanno nel Dna la cultura del Far West: se sei mio amico, fai le cose da amico, altrimenti ti consideriamo solo simpatico. Serve più chiarezza».

L’economia sta rallentando ovunque e per l’Italia aumentano i rischi, anche perché il debito pubblico sta aumentando. Servirà una manovra correttiva?

Farei una manovra propulsiva. Siamo preoccupati sulla disciplina di bilancio, anche se non possiamo rimanere ancorati a dei numeretti. Gli analisti internazionali guardano il nostro debito. L’unico modo per ridurlo è l’incremento del Pil. Serve una cura da cavallo anche nel settore dell’edilizia».

Seguici sui nostri canali